Lucio Battisti, mito e riservatezza: uno di noi che andava allo stadio cercando di non farsi riconoscere

Lucio Battisti, mito e riservatezza: uno di noi che andava allo stadio cercando di non farsi riconoscere

0battttuntitled“Cieli immensi e immenso amore”. Versi familiari che si intonano spesso allo stadio all’Olimpico: gli altoparlanti li diffondono ogni volta che la Lazio vince un match casalingo, il pubblico canta all’unisono e l’atmosfera diventa da brividi: se vuoi, tu puoi chiamarle anche emozioni.

“I giardini di marzo”, una delle canzoni più celebri della storia della musica italiana, nata dal sodalizio artistico Mogol-Battisti, pubblicata il 24 aprile 1972 e resa immortale da Lucio Battisti, che nel calcio aveva scelto di simpatizzare per i colori biancocelesti e il brano è diventato un vero e proprio inno per il pubblico laziale. C’è però controversia sulla fede calcistica di Lucio; le testimonianze non sono molto e secondo i maligni e forse gli invidiosi, il cantante non seguiva affatto il calcio: secondo la loro tesi la lazialità di Lucio Battisti sarebbe un falso nato per caso dalle circostanze, al pari della presunta idea politica di estrema destra con la quale è stato etichettato il cantante di Poggio Bustone. Lo stesso Mogol ha spesso affermato che Lucio non parlava mai di calcio e politica.

0battimages4K7CPZ9ULa passione di Lucio per la Lazio è invece rivelata, nel 2003, dal padre Alfiero Battisti, il quale, invitato all’Olimpico da Guido De Angelis (redattore di Lazialità) in occasione di un Lazio-Bologna, disse: “Mio figlio era un grande tifoso della Lazio, amava andare allo stadio senza farsi riconoscere”. Il fatto di andare allo stadio cercando di non farsi riconoscere è attinente allo stile della sua vita e la dice lunga sulla riservatezza del personaggio. In quella stessa occasione l’allora presidente Ugo Longo fece dono al signor Alfiero di una maglia con la scritta “Lucio uno di noi”. Secondo ulteriori testimonianze l’amore per i colori biancocelesti lo avrebbe ereditato dalla mamma, signora Dea.

Brevissima carriera da calciatore nella vita di Lucio Battisti: il 2 ottobre 1975 ha giocato la seconda partita della Nazionale italiana cantanti, disputata contro la Nazionale Attori. Quella partita fu per Lucio un caso isolato, che non ebbe più seguito.

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La seconda formazione della Nazionale Cantanti il 2 ottobre 1975; in piedi da sinistra: Mogol, Gian Pieretti, Paki Canzi de I Nuovi Angeli, Don Backy, Lucio Battisti, Gianni Morandi, Paolo Mengoli. Accosciati: Oscar Prudente, Il Guardiano del Faro, Fausto Leali, Renato Sabbioni de I Nuovi Angeli, Tony Cicco. Foto da Wikipedia.

Per la musica italiana Lucio Battisti è stato quello che i Beatles sono stati per la musica inglese, almeno in popolarità, con gli oltre 25 milioni di dischi venduti in carriera. Nato il 5 marzo 1943, quasi in concomitanza con un altro dei compianti mostri sacri della musica italiana, e cioè Lucio Dalla, lui tifoso più viscerale, ovviamente del Bologna, quella squadra rossoblù che il mondo faceva tremare quando il Lucio emiliano era un bimbetto. Ma torniamo a noi.

Come un aquila può, diventare aquilone.. (L’Aquila –  Brano dall’album Il mio canto libero, 1972)

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Lucio Battisti si spense il 9 settembre 1988, all’età di 55 anni: da quel giorno il mondo della musica lo ricorda come uno degli interpreti più importanti di sempre, mentre il popolo Lazio, con orgoglio, ne rivendica l’appartenenza. L’augurio è di sentire risuonare le note de “I giardini di marzo” al più presto, al termine della prossima partita casalinga della Lazio.