Gabriele Sandri, la tragedia

Gabriele Sandri, la tragedia

Quella che doveva essere una domenica di sport si è trasformata in un una maledetta domenica di tragedia. 11 novembre 2007: Gabriele Sandri, 26 anni, commerciante, appassionato di musica e della Lazio, viene ucciso da un agente della Polizia Stradale a colpi di pistola.

L’antefatto intorno alle 9.30.  Lungo l’autostrada A1 all’altezza di Badia al Pino, si erano vissuti momenti di alta tensione tra tifosi laziali e juventini che si erano incrociati presso l’autogrill. L’episodio assurdo e accaduto poco più tardi, quando le acque si erano sostanzialmente calmate. Dall’altra parte della carreggiata una pattuglia della stradale è attratta dagli avvenimenti. Poi un agente spara dalla lunga distanza e il giovane tifoso biancoceleste viene colpito al collo mentre si trova all’interno di un’auto con gli amici, una Megane che cerca disperatamente di raggiungere Arezzo per i soccorsi. Ma per il povero giovane non c’è nulla da fare. Il ragazzo muore tra le braccia degli amici. Una morte assurda. Una tragedia che scuote l’Italia. E riscalda all’apice gli animi dei tifosi: incidenti si registrano in vari stadi, mentre Inter-Lazio, la partita, valida per la 12esima giornata della Serie A 2007/08 , che andava a vedere Gabriele, ovviamente non si è giocata.

Dal sito www.saladellamemoriaheysel.it

Agente spara, ucciso tifoso della Lazio

di Marzio Fatucchi

La fine è una pallottola che entra dal finestrino e colpisce Gabriele Sandri. Il ragazzo muore tra le braccia degli amici. L’ inizio è una rissa tra una decina di persone che si prendono ad ombrellate. Nel mezzo, tra la rissa e la morte di Gabriele, ci sono ancora lati oscuri. E, ancora, nessun indagato. Sono le 9.10 di ieri mattina e Gabriele Sandri, 26enne tifoso della Lazio, arriva su una Renault Scenic con 4 amici nell’ area di servizio di Badia al Pino Est, ad Arezzo, direzione Milano sull’ A1. Forse c’è stato uno scambio di battute con altri tifosi, juventini che viaggiano su una Mercedes Classe A, parcheggiata di fronte al bar. I laziali lasciano la Scenic più avanti, accanto alla pompa di benzina, quasi all’ uscita, salgono con degli ombrelli in mano verso il bar. Uno di questi ombrelli rimane fino a mezzogiorno in mezzo ad una aiuola, verrà preso dalla scientifica. Sempre la scientifica parla di altri oggetti, tra cui due coltelli. Dall’ altro lato dell’autostrada, nell’ area di servizio Badia al Pino ovest (più elevata di quasi un metro rispetto all’ altra, e non comunicante), c’è una volante della Polstrada. Gli agenti capiscono che sta succedendo qualcosa: temono una rapina. Tifosi e poliziotti sono quasi di fronte, distanti più di 30 metri. Parte la sirena della polizia, i laziali tornano alla loro auto. La Classe A se ne va e cerca di investirne uno. Gabriele e gli amici entrano in macchina, mentre la Megane rientra in autostrada, arriva il proiettile. Uno dei due agenti, distanti ormai oltre 60 metri, ha sparato. “Due colpi a scopo intimidatorio” dice il questore di Arezzo, Vincenzo Giacobbe. Procura e questore non vogliono confermare che quel proiettile sia dei poliziotti, fino a che non c’è una certezza balistica. Cioè ? “È stata trovata l’ogiva ma non il bossolo” sostiene il questore. La certezza è invece che il proiettile entra dal finestrino posteriore sinistro, passa dietro il collo di uno dei tre tifosi seduti nei sedili posteriori, colpisce Gabriele sul collo, da dietro. Nella macchina si pensa ad una sassata, non è così. Gabriele rantola, perde sangue. L’ auto si ferma in corsia di emergenza, riparte per arrivare al casello di Arezzo, distante 5 chilometri, in cerca soccorsi. Ma è finita, il proiettile è stato letale. Il medico del 118, arrivato al casello, prova a rianimare Gabriele, senza risultato. Gli amici di Gabriele chiamano il padre, il fratello. Inizia il tam tam tra i tifosi, prima di mezzogiorno sono già al casello dove si trova anche la caserma della Polstrada. Lì è stata parcheggiata la Scenic grigia. Rimane ferma ore visibile a tutti. Il vetro ha un foro piccolo, dentro il corpo senza vita di Gabriele coperto da un telo verde. I tifosi non sanno darsene una ragione. “L’ hanno ammazzato per niente, non c’è stato nessuno scontro, solo un diverbio con degli juventini. Se spara ad altezza d’uomo pe’ du’ manate ?” Massimo è un amico di Gabriele, tifoso della Lazio. Tra i primi ad arrivare ad Arezzo, è stato fra quelli che ha chiamato la famiglia per dirle di venire subito qui. Cresce il dolore e con il dolore la tensione, qualche urlo verso la polizia: “Assassini”. Nessuna versione ufficiale dell’accaduto dalla questura per ore. Un nastro bianco e rosso tiene a distanza i cronisti. Parla un avvocato amico del tifoso ucciso, Luigi Conti: “E’ omicidio volontario, dovete scriverlo, siate coraggiosi, un reato perpetrato dalle forze dell’ordine, lo dicono i tifosi, sentite loro. È stato un tirassegno… Ma quale rissa, in macchina non avevano armi”. Arriva Cristiano Sandri, è solo, il corpo di suo fratello è già all’istituto di Medicina Legale. Piange, abbraccia gli amici, urla “voglio vederlo, voglio vederlo”. Quando arriva il padre, si allontanano insieme. Dice Cristiano: “Ora le istituzioni facciano la loro parte, con tutti i decreti di urgenza che hanno fatto me lo hanno ammazzato a 28 anni con una pistola”. Partono per Roma, ma solo dopo che i tifosi arrivati al casello si sono fermati di fronte alla Scenic, la toccano come un feretro. Nell’ area di servizio, arriva un mazzo di fiori, passano i tifosi della Lucchese, lasciano le sciarpe: ma è il posto sbagliato, nell’ area recintata dove è avvenuta la rissa.

Fonte: Repubblica.it


Battaglia a Roma, assalto alle caserme

di Gabriele Isman e Laura Mari

ROMA – Ore 18, le fiamme cominciano ad alzarsi davanti all’Olimpico. Bottiglie, caschi, spranghe, bastoni lanciati contro gli agenti di polizia e carabinieri. Al grido di “Assassini”. Inizia così, appena arriva la notizia del rinvio della partita della Roma contro il Cagliari, una serata di scontri e di guerriglia urbana, con caserme assaltate, agenti asserragliati, macchine date alle fiamme, la sede del Coni devastata. È la risposta degli ultras giallorossi e biancocelesti all’uccisione di Gabriele Sandri. Le frange estreme delle due squadre si sono coalizzate e cercano vendetta. Alla fine si conteranno almeno 15 tra poliziotti e carabinieri feriti, 6 tra i vigili urbani, e anche tre arrestati tra gli assalitori della caserma di via Reni e della sede Coni. Aggrediti intorno allo stadio anche tre fotografi, tra cui il collaboratore di Repubblica Paulo Siqueira; altri due sono stati malmenati e rapinati delle macchine fotografiche. Alle 17, quando ormai la notizia della morte di Sandri aveva fatto il giro d’ Italia, davanti all’Olimpico una delegazione di tifosi giallorossi incontra le forze dell’ordine e concorda una manifestazione pacifica davanti allo stadio in memoria della vittima. Poi il rinvio del match, richiesto anche dall’ amministratore delegato giallorosso Rossella Sensi che più volte ha sentito al telefono il sindaco Veltroni (in visita ad Auschwitz con gli studenti romani). Ed è a questo punto che cominciano gli scontri. Si inizia con l’aggressione a due pattuglie dei vigili urbani, in pochi minuti si passa dai cassonetti rovesciati su Lungotevere Flaminio alla rissa armata a volti coperti degli ultras contro polizia e carabinieri, con le fiamme all’ Olimpico. In tutta la serata solo ambulanze e mezzi dei vigili del fuoco passeranno indenni nella zona dello stadio: anche i vigili ricevono l’ordine di intervenire soltanto per casi gravi e infortunistica stradale. Alle 18 sono almeno 400 gli ultras all’ Olimpico contro le forze dell’Ordine: bombe carta e petardi da una parte, lacrimogeni dall’ altra per almeno novanta minuti di guerriglia in cui almeno tre mezzi delle forze dell’ordine vengono dati alle fiamme. All’ assalto dei tifosi – nessun tratto di appartenenza sportiva, ma per tutti volti coperti e molte spranghe – la polizia risponde con le cariche, fino a quando gli ultras si dividono. Alcuni restano a presidiare l’Olimpico, devastando l’esterno della sede Coni del Foro Italico e spaccando pezzi di marmo alla base dell’obelisco con la scritta Mussolini. Altri si dirigono verso via Guido Reni dove in 200 assaltano il commissariato con lacrimogeni, petardi e bombe carta, mentre il tricolore viene portato via come un trofeo di guerra e la scritta “Polizia 113” distrutta. Al commissariato di via Fuga un gruppo di 80 ultras riesce ad arrivare fino all’ ingresso. Intanto su ponte Duca d’ Aosta, che porta all’ Olimpico, 50 persone per lato si dispongono ancora a volto coperto per tirare sassi, bottiglie, lattine contro i mezzi delle forze dell’ordine che cercano la ritirata. Finito il passaggio di auto e camionette, gli stessi ultras transennano il ponte e sorvegliano gli accessi dal Tevere. Intorno alle 20 isolano l’area dello stadio e incendiano i cassonetti: è una lotta per la conquista del territorio urbano, i tifosi gridano “vendetta” e in 100 tentano l’assalto al commissariato di Ponte Milvio, dove un’auto della polizia viene data alle fiamme fino a quando gli agenti caricano sul ponte dei lucchetti dell’amore di Moccia. Nel frattempo anche piazza del Popolo si riempie di mezzi della polizia, perché è qui che gli ultras avrebbero voluto concentrarsi in dopo la partita Roma-Cagliari. Alle 23.30 il ritorno da Milano dei treni con a bordo i tifosi della Lazio. Con il calare della notte il clima in città resta di pura tensione.

Fonte: La Repubblica


Gabriele, due passioni: Lazio e musica

L’amico: “Non era un tifoso violento”

Dj, romano di 26 anni, era conosciuto anche dai giocatori biancocelesti. Sul suo blog la rabbia e il cordoglio di chi l’aveva incontrato. Il fratello: “Me l’hanno ammazzato”.

AREZZO – “Gabbo non era un tifoso violento”, dice un amico. Aveva due grandi passioni Gabriele Sandri: la musica e la Lazio. Seguiva la squadra in tutte le sue trasferte. Lo conoscevano pure i giocatori. Recentemente aveva partecipato ad una festa con il difensore Lorenzo De Silvestri. Romano, Gabriele gestiva un negozio di abbigliamento alla Balduina ma la sera indossava i panni di dj. Ieri era al Piper di Roma. Walter Valloni, un manager amico, ha la voce rotta dalla commozione: “Lo conoscevo bene: non era un violento. Ho trascorso con lui tutta l’estate nel mio locale di Porto Rotondo, Em Club. Faceva il dj resident. A Roma lavorava spesso nella discoteca La Cabala”. “Me lo hanno ammazzato a 28 anni con una pistola. Ora le istituzioni facciano la loro parte”. Cristiano Sandri è il fratello di Gabriele. Esce dalla caserma della polizia stradale di Arezzo che indaga sull’omicidio di questo pomeriggio e si abbraccia a lungo con il padre in lacrime. Nel suo blog, Gabriele si presenta così: “Commerciante, nato a Roma, inizia a coltivare la sua passione per la musica in piena era rave. Il suo primo disco lo compra a 13 anni. I suoi vinili comincia a farli girare nei sabati pomeriggio della capitale. Nel 2002, la prima stagione estiva in Costa Smeralda”. Fino a ieri, il blob era utilizzato per organizzare la trasferta a Milano (“Chi è rimasto a piedi, è il benvenuto. Siamo in 3 in macchina”), ma da qualche ora, all’indirizzo di Gabriele su MySpace si riversa la rabbia e il dolore degli amici e dei tifosi biancocelesti. Sotto le immagini del suo volto sorridente, con le cuffie in testa, si sommano commenti arrabbiati: “Non si può morire in questo modo…” scrive Federico. “Ke mondo de merda…” commenta Mack. E poi tante scritte di dolore: “Mi sembra ieri il giorno in cui ci siamo conosciuti all’Heaven di Porto Rotondo – ricorda Andrea – quando tu hai messo Ragazzo fortunato… Oggi accendo la tv e parlano di un colpo che ti ha ucciso. Non riesco a crederci… Addio Gabbo !”. “Solo un grande vuoto in fondo al cuore”. E poi il saluto di un collega: “Lassù non dimenticarti la borsa dei dischi… Non riuscirei a pensarti senza. Un abbraccio”, dj Gabriele Imbimbo.

Fonte: Repubblica.it