Fausto Coppi, il Campionissimo: quando la Polisportiva Lazio lo rimise in sella

Fausto Coppi, il Campionissimo: quando la Polisportiva Lazio lo rimise in sella

“C’è un uomo solo è al comando, il suo nome è Fausto Coppi. Ha la maglia biancoceleste della Bianchi”.

Quella della gloriosa Bianchi non è stata la sola casacca biancoceleste indossata dal ciclista che ha fatto la storia di questo sport. Perché nel primo Dopoguerra Coppi fu tesserato nella sezione ciclismo della Polisportiva S.S. Lazio, dove lo seguirà anche il fratello Serse.
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Fausto Coppi al passo dello Stelvio – Foto da forum.cicloweb.it-

C’è un uomo solo è al comando, il suo nome è Fausto Coppi”. Una frase entrata nella storia dello sport e della radio, che proseguiva: “Ha la maglia biancoceleste della Bianchi” e qui, sui colori, inseriamo la nostra parte di argomento, perché quella gloriosa della Bianchi non è stata l’unica casacca biancoceleste indossata dal ciclista che ha fatto la storia di questo sport: motivo di vanto per il popolo laziale, ancora a distanza di 70 anni, ed eredità preziosa da custodire in memoria e tramandare alle giovani generazioni, il “Campionissimo” è stato tesserato anche con la Società Polisportiva Lazio: dal 1945 al 1946 e in fondo, grazie proprio alla Lazio, Coppi risalì in bicicletta dopo gli orrori della Guerra.

Fausto Coppi: un uomo solo è al comando

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Una bella immagine di Fausto Coppi – Da eandiermanno.it-

Icona immortale dello sport, insieme al grande rivale Gino Bartali, è stato anche icona del progresso sociale ed economico dell‘Italia del Dopoguerra. Leggendarie le sue imprese sportive; tanto per ricordare qualcosa Coppi ha vinto cinque volte il Giro d’Italia (un record condiviso con Binda e Merckx) e dal 1940, anno della prima vittoria al Giro, ad oggi, resta il più giovane vincitore della Corsa Rosa: a 21 anni non ancora compiuti. Ancora, due Tour de France e numerosi successi nelle classiche più importanti, dalla Milano-Sanremo (tre volte) alla Parigi-Roubaix per citarne qualcuna. Non che Campione del mondo, anche d’inseguimento nel ciclismo su pista.

Ma a renderlo icona sono purtroppo state anche le tragiche circostanze della morte, avvenuta a soli quarant’anni per causa della febbre malarica, contratta al ritorno da quella che è stata la sua ultima battuta di caccia, in Alto Volta. Ritenendo Coppi affetto da un’influenza più grave del consueto, i medici sbagliarono diagnosi: sarebbe bastata una semplice pillola di chinino per non lasciare il mondo sgomento da una morte così improvvisa e prematura.

La guerra di Fausto

Nato il 15 settembre 1919 a Castellania (Tortona, 2 gennaio 1960), a tarpare le ali di quello che all’epoca era ancora un giovane talento, qualche giorno dopo aver conquistato il titolo mondiale sulla pista del velodromo Vigorelli di Milano (il 7 novembre 1942), comincia l’invio di truppe italo-tedesche a Tunisi e Biserta e arriva la sospensione di tutte le competizioni sportive a causa del conflitto mondiale. Così, nonostante le imprese sportive venivano usate dalla propaganda dello stesso regime, Fausto Coppi riceve l’ordine di partire per l’Africa, caporale del 38º Reggimento di fanteria della Divisione Ravenna.

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– Foto da issuu.com-

La guerra di Coppi dura fino al 13 aprile 1943, quando è catturato dagli inglesi durante la battaglia di Capo Bon. Dal mese seguente Coppi viene introdotto nei campi di concentramento in Tunisia e poi trasferito in Algeria. La prigionia in Africa si conclude ad inizio febbraio 1945. Tornato in Italia, Coppi è confinato presso il Comando Alleato a Caserta. Qui è al servizio, come autista, del tenente Towell, tramite il quale incontra Umberto Busani, calciatore del Napoli ed ex Lazio, che lo mette in contatto con il giornalista Gino Palumbo, futuro direttore della Gazzetta dello Sport che in quel periodo lavorava alla redazione sportiva della Voce. “Sono Coppi e vorrei tornare a correre, ma ho soltanto una bici militare con le gomme piene che mi procurano dolori continui. Il suo giornale mi può aiutare?”

La Lazio di Fausto, e del fratello Serse

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Entra così in scena la Lazio nella vita di Coppi. Guidata dal Presidente Stinchelli, erede di Ballerini che già da qualche anno aveva portato la Polisportiva biancoceleste ad essere protagonista in molteplici sezioni sportive, nella primavera del 1945 il “Campionissimo” riesce a tesserarsi con la sezione ciclismo della Polisportiva S.S. Lazio, dove lo seguirà anche il fratello Serse. Tre anni dopo gli ultimi successi arrivano le nuove vittorie con la Lazio Ciclismo: la Coppa Salvioni, la Coppa Candelotti nel Lazio, il circuito degli Assi, il circuito di Ospedaletti e il circuito di Lugano. Alla fine del 1945 conclude la sua esperienza nella Polisportiva e firma per la Bianchi appena tornata alle corse. Capitano della mitica squadra, sarà seguito anche dal fratello Serse che sarà suo gregario.

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La tessera SS Lazio di Coppi – Da faustocoppi.altervista.org

Il destino tragico e beffardo dei fratelli Coppi

Prima di essere stato tragico e beffardo con Fausto, il destino si accanì su Serse, che nel giro del Piemonte 1951 infilò con la ruota un binario del tram in Corso Casale a Torino. In un primo momento le conseguenze della caduta non apparvero gravi, ma le condizioni del ciclista peggiorano una volta rientrato in albergo senza cure. Qui Serse cadde fatalmente a terra colpito da un’emorragia cerebrale e morì a soli 28 anni: per salvarlo sarebbero bastati impacchi di acqua fredda immediatamente dopo la caduta ed un pronto ricovero in ospedale. Invece i medici indugiarono. Oggi i fratelli Coppi riposano uno accanto all’altro nel paese natale di Castellania.

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Immagine icona dello sport – Coppi e Bartali e il passaggio della borraccia Al Tour