DARIO ARGENTO, profondo biancoceleste

DARIO ARGENTO, profondo biancoceleste
La Lazialità orgogliosa del maestro italiano del brivido: “Puoi lasciare moglie, figli, amanti, nipoti. Non la tua squadra. E’ un’identità, un modo di essere, una seconda casa. Quella non si cambia, non si contratta”
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Dario Argento con la sciarpa della Lazio – Foto da Associazione Italiana Lazio Clubs – ailc.it

Dario Argento, il maestro italiano del brivido e della suspense, per troppi anni, e parzialmente ancora oggi, sottovalutato e spesso addirittura snobbato dall’Italia, nonostante il cult Profondo Rosso, Quattro mosche di velluto grigio, il terrorizzante Suspiria, la pellicola d’esordio L’uccello dalle piume di cristallo, Phenomena, Il gatto a nove code, Opera, Tenebre, Inferno, Non ho sonno, l’omaggio alla figlia Il fantasma dell’Opera. E nonostante i suoi lungometraggi risaltino sempre in ogni dibattito sul cinema dell’orrore di casa nostra e anche planetario, perché le pellicole del cineasta italiano spesso hanno fatto centro fuori dai nostri confini, soprattutto in Francia e negli Stati Uniti e anche per la collaborazione, oltre l’amicizia, con George A. Romero, il maestro americano autore di cult assoluti come La notte dei morti viventi e Zombi, quest’ultimo prodotto proprio da Dario Argento.

Il maestro del brivido nasce a Roma il 7 settembre 1940. Il padre, Salvatore, è siciliano di nascita ma arguntitledromano di adozione, sua mamma è la bellissima fotografa brasiliana, Elda Luxardo, autrice di memorabili scatti in bianco e nero e dei primi ritratti di Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Claudia Cardinale e Gina Lollobrigida.

In casa Argento la fede calcistica è giallorossa. Come ha raccontato lo stesso Dario, su questo papà Salvatore non ammetteva deroghe: per spirito di opposizione e contraddizione, insieme al fratello più piccolo Claudio, Dario scelse così i colori biancocelesti. Oggi è un laziale orgoglioso, che ebbe anche a dire: “Puoi lasciare moglie, figli, amanti, nipoti. Non la tua squadra. E’ un’identità, un modo di essere, una seconda casa. Quella non si cambia, non si contratta”.

Magari un po’ disincantato dall’attuale gestione, il regista romano definì Lotito: ”Un capriccioso, un tipo che non ci voleva”, è chiaro che Dario Argento non potrebbe mai girare un film sull’omicidio della Lazio, mancherebbe la suspense, scontato l’assassino: Claudio Lotito.